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Convegno aperto a tutta la cittadinanza rivolto a chi si fa carico dell'assistenza di un malato di demenza
GRUPPO DI SOSTEGNO PSICOLOGICO 2025
I ricercatori del Department of Anatomy and Neuroscience, University College Cork, Ireland, del King’s College di Londra e dell’IRCCS Fatebenefratelli, Brescia, hanno identificato collegamenti tra batteri intestinali, infiammazione e cambiamenti cerebrali associati alla malattia di Alzheimer.
Per la prima volta, i ricercatori hanno scoperto che i sintomi dell’Alzheimer possono essere trasferiti a un organismo giovane e sano attraverso il microbiota intestinale, confermando il suo ruolo nella malattia.Lo studio pubblicato su “Brain” sostiene l’emergere del microbioma intestinale come obiettivo chiave per le indagini sull’Alzheimer a causa della sua particolare suscettibilità allo stile di vita e alle influenze ambientali.
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pubblichiamo un interessante scritto della dott.ssa francesca tiberi di civitanova marche relativo al collegamento tra il morbo di Alzheimer e il microbiota intestinale
La relazione tra intestino e cervello è ormai nota da quasi venti anni (Romijn, Johannes A; Corssmit, Eleonora P; Havekes, Louis M; Pijl, Hanno. Gut–brain axis. Current Opinion in Clinical Nutrition and Metabolic Care 11(4):p 518-521, July 2008. | DOI: 10.1097/MCO.0b013e328302c9b0), ed è risaputo, ad oggi, quanto un buon equilibrio dell’ambiente intestinale sia fondamentale anche per la salute del sistema nervoso.
Questo equilibrio viene detto eubiosi e si instaura quando le popolazioni batteriche, virali, fungine e protozoiche che si trovano nella nostra pancia convivono e collaborano al mantenimento della nostra salute. Quando questo equilibrio si rompe, quando una specie prevale sull’altra, quando una di esse scompare completamente o quando compare una specie che abitualmente non si trova a livello intestinale, si parla di disbiosi.
La disbiosi intestinale è correlata alla presenza di diverse patologie, per cui si pensa addirittura che possa essere il primo motore ad innescarne la comparsa; tra di esse ricordiamo tutte le patologie autoimmuni, il cancro, le malattie infiammatorie intestinali e le malattie neutodegenerative. (Intili, G.; Paladino, L.; Rappa, F.; Alberti, G.; Plicato, A.; Calabrò, F.; Fucarino, A.; Cappello, F.; Bucchieri, F.; Tomasello, G.; et al. From Dysbiosis to Neurodegenerative Diseases through Different Communication Pathways: An Overview. Biology 2023, 12, 195. https://doi.org/10.3390/biology12020195)
Ci sono diversi meccanismi per cui la disbiosi intestinale può portare a neuro degenerazione, ad esempio tramite interazione con il nervo vago, oppure il trasporto di molecole attraverso la barriera emato-encefalica, o attraverso segnali pro infiammatori a livello neuronale.
Come può instaurarsi una disbiosi intestinale? Quando la composizione batterica del nostro intestino perde il suo equilibrio?
Bisogna innanzitutto ricordare che non esiste una disbiosi uguale per tutti. Ognuno ha una composizione microbica intestinale diversa, quindi ognuno di noi ha il suo equilibrio e, di conseguenza, il suo disequilibrio. Non esiste il micro bioma perfetto, esiste il micro bioma perfetto per ogni singolo individuo, ma le cause di una disbiosi sono uguali per tutti:
Per poter scongiurare l’instaurarsi di una disbiosi, bisogna quindi agire su ogni singola causa.
La dieta è sicuramente il fattore che ha il peso specifico più alto nel condizionare la composizione batterica intestinale (Martinez JE, Kahana DD, Ghuman S, Wilson HP, Wilson J, Kim SCJ, Lagishetty V, Jacobs JP, Sinha-Hikim AP, Friedman TC. Unhealthy Lifestyle and Gut Dysbiosis: A Better Understanding of the Effects of Poor Diet and Nicotine on the Intestinal Microbiome. Front Endocrinol (Lausanne). 2021 Jun 8;12:667066. doi: 10.3389/fendo.2021.667066. PMID: 34168615; PMCID: PMC8218903.): è stato provato come una dieta in stile occidentale (Western Diet), caratterizzata dal consumo di acidi grassi trans, eccesso di zuccheri semplici e farine raffinate, sciroppo di glucosio-fruttosio, cibi processati e carenza di fibre, sia la causa primaria di una grave disbiosi intestinale, accompagnata in questo caso dalla sindrome metabolica (alterato controllo glicemico, aumento del grasso viscerale, pressione alta, ipertrigliceridemia); anche diete estremamente restrittive, come una dieta chetogenica, diete ad eliminazione, dieta vegana, possono causare disbiosi.
Se da un lato la Westerd Diet causa disbiosi tramite una grave carenza di micronutrienti, anche diete ritenute “sane” come quelle citate sopra possono portare disequilibrio microbico. Ogni qualvolta escludiamo una grande categoria di alimenti modifichiamo la composizione del nostro intestino, semplicemente selezionando i batteri che sono in grado di metabolizzare quello che mangiamo e facendo morire quelli che priviamo di nutrimento. Per questo motivo, qualsiasi regime dietetico si inizi, è bene farsi seguire da una figura competente, che sappia modulare la dieta al fine di mantenere l’eubiosi.
A prescindere dai singoli casi (ricordate che non siamo tutti uguali!) si sa che una dieta varia e bilanciata permette di mantenere una flora intestinale varia e completa: non devono mancare le fibre, sia solubili che insolubili, un buon quantitativo proteico, grassi buoni, soprattutto olio extravergine di oliva, una quota di carboidrati complessi giusta per il proprio fabbisogno. Sembrano consiglio facili da seguire, eppure molti di noi fanno fatica a controllare bene quello che mangiano.
Come scritto sopra, non solo la dieta influisce sul nostro microbiota. Possiamo seguire la dieta più corretta del mondo ma se fumiamo, non facciamo attività fisica regolare, siamo sottoposti a stress cronico e facciamo uso cronico e scriteriato di farmaci, di certo il nostro intestino non riuscirà a funzionare al 100%.
Fare attività fisica regolare (sia aerobica che con sovraccarichi) arricchisce la diversità del nostro microbiota e contribuisce alla produzione di molecole (ad esempio il BDNF) deputate alla creazione di nuove connessioni neuronali; quindi, l’esercizio fisico rende il nostro cervello più attivo e responsivo!
Saper gestire lo stress è di fondamentale importanza per la nostra salute: lo stress cronico può impoverire la qualità della funzionalità del nostro intestino (stipsi e diarrea nervose), provocando, di nuovo, disbiosi, e una disbiosi da stress può essere l’innesco di patologie autoimmuni, con perdita della capacità antiinfiammatoria naturale del nostro corpo. Non possiamo eliminare lo stress, ma dobbiamo saperlo riconoscere e gestire, evitando persone e situazioni deleterie al nostro benessere, includendo attività di riequilibrio della funzionalità del sistema nervoso come la respirazione, il contatto con la natura e con ambienti e persone piacevoli. Non siamo sassi immobili, siamo persone, e possiamo spostarci dai luoghi che ci fanno stare male!
Anche il ritmo circadiano ha il suo ruolo, perché la nostra pancia ha dei ritmi ben precisi, come il nostro cervello, e se li sconquassiamo, la disbiosi è dietro l’angolo. Mantenere un buon ritmo sonno veglia, andando a dormire e svegliandosi sempre alla stessa ora, manda un messaggio al nostro sistema nervoso e anche alla nostra pancia. Bisognerebbe limitare le nottate insonni, fare cena troppo tardi e con alimenti troppo pesanti, esporsi alla luce blu di telefono, pc e televisione prima di andare a dormire. Il consiglio è quello di utilizzare app che filtrano la luce blu del telefono (una di queste si chiama Twilight), impostare la luce gialla del pc in concomitanza con il tramonto o acquistare delle lampadine che virano la luce verso il giallo al tramonto.
I farmaci possono contribuire all’instaurarsi di una disbiosi: gli antibiotici, gli inibitori di pompa, i FANS, le statine, la metformina, gli antidepressivi, i chemioterapici, solo per citarne alcuni. I farmaci modificano chimicamente alcune nostre funzioni fisiologiche, come l’assorbimento dei nutrienti e la qualità della digestione, oppure, come gli antibiotici, modificano direttamente la composizione microbica intestinale. (Le Bastard, Q, Al-Ghalith, GA, Grégoire, M, et al. Systematic review: human gut dysbiosis induced by non-antibiotic prescription medications. Aliment Pharmacol Ther. 2018; 47: 332–345.)
Questo non significa che dobbiamo smettere di assumere farmaci, perché in alcuni casi essi sono necessari alla sopravvivenza del paziente; significa che i farmaci vanno sempre contestualizzati, usati solo quando serve. In questo caso la figura del medico è fondamentale, perché un buon medico è sempre in grado di capire quando la somministrazione di un farmaco è necessaria e per quanto tempo questo va assunto.
Riassumendo, per avere un intestino sano, dobbiamo mangiare bene e quanto più variato possibile, cercare di fare un sonno di qualità, fare attività fisica costante, stare a contatto con la natura e con gli altri e ricercare costantemente tutte quelle situazioni, luoghi e persone che ci fanno stare bene.
Facile, no?
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